CRONOLOGIA DI UNA “PASSIONE”
Ho creduto che potesse risultare interessante far
conoscere, anche se per sommi capi, le vicende che furono alla base
della realizzazione delle pitture della Via
Crucis. A distanza di quasi sessant’anni (oggi ne ho 90),
ricordo ancora con discreta esattezza le varie fasi che mi portarono ad
affrontare un’opera così impegnativa. La soluzione pittorica che mi fu sottoposta, non mi
convinse affatto, tanto che espressi il mio parere con la solita brutale
sincerità che mi contraddistingue da sempre. Ma facendo anche la precisa
premessa, che il mio giudizio negativo, non nascondeva la celata
ambizione di voler realizzare io quelle pitture. Anzi, che non mi venisse nemmeno proposto. Nel corso della mia vita professionale di pittore,
dopo una prima breve fase da cartellonista cinematografico, avevo
affrontato alcuni ritratti, diverse nature morte e paesaggi. Mai una
serie di pitture ad olio di quelle dimensioni che dovevano raccontare
una storia, che per me fervente cattolico, assumeva un impegno doppio,
di pittore e di credente. Ma ciò che per me costituiva l’impegno maggiore, era
il dover affrontare la narrazione degli eventi, che avrebbe dovuto
risultare coerente in tutti i suoi aspetti, da quello cromatico e
stilistico, a quello iconografico. Di lì a qualche tempo mi ritrovai a dipingere un
bozzetto a tempera di 40 centimetri di lato, di una prima stazione
dipinta con molta accuratezza. Il bozzetto fu esposto a fianco della porta della
sagrestia, per una sottoscrizione finalizzata alla raccolta dei fondi. Concordemente con il Parroco, fu presa la decisione di
raccontare attraverso una raffigurazione molto realistica dell’evento
sacro ove, i diversi personaggi dovevano essere rappresentati in tutta
la loro umanità e scevri da stilizzazioni. Sviluppai l’idea che le 14 stazioni distribuite lungo
le due pareti longitudinali della chiesa, dovessero rappresentare le
azioni che si svolgevano intorno alla figura del Cristo, tutte
convergenti verso l’altare maggiore. In pratica nelle stazioni di
sinistra l’azione doveva essere orientata verso destra, e viceversa
nelle stazioni della parete opposta.
Una
idea
cui mantenni fede, ma che alcuni anni dopo venne stravolta, a causa
dell’installazione dell’organo a canne che implicò lo spostamento di
alcune stazioni. Ciò che considerai fin dall’inizio come condizione
irrinunciabile, fu l’idea che ogni stazione dovesse raccontare ciascuna
fase dell’evento con estrema essenzialità. Pochi personaggi, paesaggi
spogli e, salvo in qualche stazione, privi di elementi architettonici
che potessero distogliere l’attenzione da ciò che si svolgeva intorno
alla figura di Cristo. Altro aspetto che volli rendere quanto più essenziale
possibile, fu l’abbigliamento. Anche la figura di Pilato, che appare di profilo nella
prima stazione, non veste con la sontuosità di un prefetto romano. Il problema del reperimento dei modelli fu risolto
grazie alla disponibilità di un gruppo di amici, ma anche di mia moglie
nella molteplice veste della Madonna e di tutte le altre donne presenti,
e di due dei mie figli. Allestimmo così in tempi diversi e in diversi ambienti
a seconda delle necessità, delle sale di posa. Per le toghe furono usati dei lenzuoli, una buona dose
di improvvisazione venne sempre in soccorso nei momenti decisivi. Ciò che arrivò a turbarmi, fu la necessità di dover
usare me come modello di Cristo. Avevo l’età di Gesù al momento della
crocefissione e il fisico asciutto richiesto; non c’era alternativa.
Posso dire con un certo rammarico che a tutt’oggi,
eccetto le considerazioni critiche del dottor Cristiano Marchegiani
(2009), non ho avuto il piacere di leggere una critica positiva o
negativa relativa alla mia opera, di qualsiasi provenienza vuoi
ecclesiastica vuoi laica. |